Carmine Argenziano è figlio, anzi nipote darte. Terza generazione in una famiglia in cui i pizzaioli non si contano: suo nonno, suo padre, la zia, lo zio, i cugini. Tutti sporchi di farina, dietro un banco di pizzeria.

Lui da piccolo sognava di fare il calciatore come tanti scugnizzi, ma era un predestinato. Avrebbe presto abbandonato il pallone per dedicarsi alla pizza.

Si ritrova in pizzeria con suo nonno, quando aveva appena 8 anni. A 10 anni già fu messo dietro al banco per imparare i rudimenti: doveva occuparsi della preparazione dei classici crocchè, degli arancini. Suo compito era anche pulire, perché in una pizzeria è fondamentale saper fare tutto. Suo nonno lo sa bene e gli insegna dal basso tutti i segreti del mestiere.

A 12 anni prende per la prima volta in mano la pala per sfornare le pizze. Le cose cominciano a cambiare, Carmine si sente protagonista. A 15 anni chiude la pizzeria di famiglia, ma la sua esperienza non si ferma certo lì, anzi.

Comincia a girare per altri locali insieme a suo nonno che non lo lascia mai. Il vero maestro, il sostegno nei momenti di difficoltà è lui. Carmine si appassiona a quel mondo fatto di sacrifici ma anche soddisfazioni. Eun tipo orgoglioso, lui, ingoia i rimproveri, ma li fa suoi per imparare sempre di più.

La scuola non lo interessa, vuole lavorare, vuole restare in pizzeria, quindi conclude gli studi e si dedica anima e corpo a quel lavoro. Carmine è instancabile. Lavora senza sosta, non si risparmia, sembra una spugna assetata di sapere. Sarà per questo che ad appena 18 anni comincia la sua ascesa, piazzandosi quinto classificato su cento concorrenti al Trofeo Pulcinella 2017. Una soddisfazione essere tra i più giovani premiati.

Oggi lavora con la sua famiglia nella pizzeria di Marcianise che lo sta facendo crescere umanamente e professionalmente. Eal fianco di suo padre, unaltra colonna portante della sua vita da pizzaiolo e non solo. Gli piace molto il contatto con i clienti, interagire con loro per scoprirne gusti e preferenze. Non ha paura dello stare in piedi 12 ore di filato, del caldo, della fatica. Quando gli chiedi quali siano le difficoltà e i lati negativi di questo mestiere, ti risponde che è frustrante bruciare la pizza o vedere che una lievitazione non fa il suo dovere come lui spera, ma non si lamenta del sudore. Econcentrato sul risultato, Carmine.

Una delle pizze più apprezzate nella sua pizzeria ha uno spirito scugnizzo e napoletano come lui: la tarallona. Una base di crema di tarallo napoletano rigorosamente fatta in casa, salame , provola e in uscita ciuffi di ricotta e tarallo sbriciolato. Una delizia.

Ma Carmine è attento anche agli impasti: sempre doppia lievitazione e il cornicione, da tradizione, non troppo gonfio o troppo piccolo. Uno dei tanti segreti tramandati da suo nonno e suo padre. Ed è proprio a loro che Carmine pensa. Sogna di aprire un locale tutto suo, ma vuole dedicare parte della sua attività a quegli uomini che lo hanno sempre aiutato, sostenuto e che gli hanno insegnato ciò che sa.